Zoo Boy. Le gambe del tavolo erano le sbarre della sua gabbia. Si dondolava, con le braccia sopra la testa, come a proteggersi. Avanti e indietro, avanti e indietro. Un’assistente lo spronava a uscire da sotto il tavolo, ma senza risultato. Lui si dondolava, avanti e indietro, avanti e indietro. “Lo guardavo standomene dietro uno specchio-finestra. “Quanti anni ha?” chiesi alla donna che era alla mia destra. “Quindici”. Non si poteva dirlo più un ragazzo. Mi appoggiai contro il vetro, per vederlo meglio. “Da quanto è qui?” domandai. “Quattro anni.” “Senza mai parlare?” “Senza mai parlare.” La donna alzò gli occhi a guardarmi, nella tetra oscurità di quella stanza dietro lo specchio. “Senza mai far sentire il suono della sua voce”. Così si presentava il nuovo “caso”, e appariva clinicamente difficile e umanamente penoso: eppure, quella era soltanto la parte visibile di un abisso di dolore e di violenza.
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I mesi passati sono stati per me una piacevole immersione nelle storie di Torey, e ho terminato la lettura di tutte le sue esperienze con i suoi bambini speciali (mi mancano solo i romanzi che non si basano sulle esperienze come maestra o psicologa).
“Come in una gabbia” mi ha coinvolto moltissimo, come la maggior parte di questi ragazzi e bambini che dentro di sé hanno un mare agitato che gli impedisce di vivere serenamente nel mondo.
Kevin, ragazzo di quasi 16 anni, non parla da molto tempo e forse non ha mai davvero parlato. La maestra dei casi difficili, quasi impossibili, è l’ultima speranza prima che il ragazzo venga mandato in un centro senza la possibilità di vivere una vera vita.
“Lì sotto rimane seduto, a volte si dondolava, e mangiava, faceva i compiti, guardava la televisione. Lui abitava lì, nella gabbietta che si era fatto con le sue mani, zoo-boy, il ragazzo nello zoo”.
Kevin è oppresso dalle sue paure e fobie che lo consumano. L’acqua lo terrorizza, ha una paura morbosa di trovarsi senza vestiti, per cui non si cambia mai. Per diversi anni non mette piede fuori dall’istituto che lo sta aiutando.
“Le sue fobie l’avevano intrappolato in una prigione molto più sicura”
Zoo boy è un ragazzo emblematico, e come per Torey, mette ansia anche al lettore ma vuoi, senti di essere costretto a conoscerlo meglio, a capire cosa lo ha portato ad essere com’è.
Torey si trova per la prima volta ad affrontare le problematiche di un ragazzo, di un adolescente, e lei ha sempre avuto a che fare con bambini e questo è uno scoglio in più insieme ai problemi di Kevin, tanto che a un certo punto lei stessa si chiede se risolvere le sue difficoltà non sia un errore.
Il passato angosciante di questo giovane con le sue manie e atteggiamenti sbagliati, circondato dall’ indifferenza delle istituzioni e dalla loro incompetenza che ha fatto solo peggiorare una situazione già grave e delicata di per sé. Per questo Torey non si arrende: non esiste per lei “Lascia Perdere” o “stai sprecando tempo”, non rinuncia ad aiutarlo.
Le storie della Maestra dei miracoli, ormai lo sappiamo, tengono attaccati alle pagine, è impossibile chiudere il libro perché la curiosità di scoprire come si evolverà la situazione è troppo forte.
Difficile dire in che posizione lo classificherei, tra i vari romanzi scritti dalla Hayden, perché mi ha preso tantissimo e mi ha lasciato un ricordo forte e vivido.
Se vi piacciono le storie vere, di speranza, di tenacia e di amicizia le esperienze di Torey Hayden fanno per voi e questa non vi lascerà delusi.
The Heart Is A Book