Umiliate, torturate, maltrattate, denutrite, annichilite dalla violenza, la fame e la paura, gli occhi vuoti e il grembo freddo, le prigioniere dei campi di concentramento e sterminio nazisti hanno strappato a Primo Levi il grido “Considerate se questa è una donna.” Ma le recluse non erano le uniche donne in quegli inferni sulla terra.
Benché i loro nomi siano meno noti di quelli dei loro sanguinari complici, come Mengele, Himmler, Goebbels, furono molte e non meno crudeli le donne che hanno lavorato nei campi e si sono applicate spesso con più accanimento degli uomini a infliggere torture e morte. Maria Mandel, la “bestia di Auschwitz“, amava prendere a calci sul viso i prigionieri. Ilse Koch, la “cagna di Buchenwald“, si faceva confezionare paralumi con la pelle tatuata delle sue vittime. Hermine Braunsteiner è responsabile di almeno 200.000 morti. E sono solo alcune.
Non tutte erano povere, molte erano spose, madri, lavoratrici. Potevano scegliere. E hanno scelto deliberatamente il male. Per senso del dovere, per obbedienza, “per assaporare”, come ha detto una di loro, “il potere, la superiorità, il diritto di decidere della vita e della morte delle detenute.” Nessuna di loro si è pentita.
Sulle atrocità commesse da queste donne su altre donne la storia è stata a lungo reticente, quasi imbarazzata. Chi dà la vita può scendere all’abiezione più pura senza esservi costretta? Nei ritratti di alcune di loro, la terribile risposta.
- Editore : Piemme (19 gennaio 2016)
- Copertina rigida : 390 pagine
- Ebook: 9,99€
- In rigida: al momento non disponibile
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Sono nate così? Sono diventate così in seguito a una sorta di “contagio ideologico”? Oppure, ed è la cosa più difficile da accettare: erano semplicemente così
E’ la domanda che ti poni mentre leggi questo resoconto delle aguzzine che sono passate nei vari campi di concentramento del terzo Reich.
Donne che sono state figlie, mogli, forse anche madri, e che hanno torturato, ucciso, vessato, umiliato e condannato alla morte altre donne con la sola colpa di essere ebree, di non essere di “razza pura” ariana o di non aderire al malvagio sistema nazista.
La scrittrice ci racconta “delle 19 sovrintendenti, guardiane, responsabili di baracche e ausiliare più sanguinarie dei campi di concentramento tedeschi tra il 1939 e il 1945“.
Partendo dalla sadica Ilse Koch, a Dorothea Binz ecc…, ci troviamo di fronte alle storie di queste bestie che entrarono volontariamente nel meccanismo spietato del partito nazista, e non si diedero alcun freno dando sfogo alle loro efferatezze.

Queste donne furono coscienti della barbarie con cui si confrontarono. Decisero di far parte di un sistema di tortura, sadismo e morte contravvenendo persino alle leggi internazionali che regolano i comportamenti in tempo di guerra.
Il libro è diviso in due parti: la prima I SETTE ARCANGELI DEL TERRORE e la seconda con LE DODICI APOSTOLE DEL REICH. Ripercorre a una ad una la loro vita, le torture, il numero d’assassini perpetrati, i processi, le testimonianze e la loro condanna.
Ce ne sono molte che mi hanno lasciato sconcertata, alcune le conoscevo attraverso i vari documentari o le testimonianze di sopravvissuti, ma quella che mi ha sempre lasciato inorridita è Ilse Koch. L’unica che non ebbe un ruolo di comando all’interno dei campi ma che fu semplicemente la moglie di un comandante. Ilse sfruttò al massimo la sua posizione privilegiata e mise in atto le peggiori torture, depravazione e assassini. Fino alla fine non ammise mai i suoi crimini.
L’autrice cerca, con la sua ricerca precisa, di capire che cosa possa aver spinto queste donne a fare ciò che hanno fatto, se provassero almeno un po’ di rimorso alla fine della guerra.
Vi sorprenderà, e vi disgusterà, constatare quante di loro non avessero nemmeno una coscienza per provare una sorta di pentimento.
Ne prevale l’orrore, l’incredulità, il disgusto, e anche lo shock, di fronte a dei processi che non diedero ad alcune di loro la giusta punizione per i loro crimini.

(Fonte: Internet)
Sarà un pugno nello stomaco scoprire la crudeltà, l’insensatezza e la mania di potere che queste “donne” espressero sia a parole che nelle azioni.
Potevano essere un piccolo spiraglio di gentilezza per le prigioniere e invece scelsero di essere le peggiori aguzzine della storia.
Anche se ritengo che non sia adatto a tutti come lettura, i crimini raccontati sono descritti con chiarezza, senza nascondere nulla. Trovo inoltre, che sia uno di quei libri inchiesta scritti con estrema accuratezza, frutto di profonde ricerche, e che lascia a noi la conclusione da trarre, quali opinioni farsi di ognuna di loro.

“Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore.”
Primo Levi